Qual è il ruolo dei social media in una campagna elettorale?
Quale valore attribuire all’ampiezza di un canale, alla capacità di generare interazioni e di guadagnare attenzione?
Il tema è dibattuto da ormai molti anni e non è destinato a esaurirsi. Possiamo certamente sgomberare il campo da ciò che i social media non possono essere. Non possono essere ambienti digitali in grado di restituire il polso del Paese in tempo reale e in misura credibile. Non sono piattaforme in grado di sostituire i sondaggi e il metodo scientifico che li sottende. Non sono strumenti predittivi.
Però, sono appunto ambienti densamente popolati dai cittadini italiani. Sono luoghi in cui accadono cose, si plasmano tendenze, si scambiano informazioni e opinioni, si tiene il conflitto. Pertanto, non sono affatto territori neutrali. Impostando una raccolta di dati con criteri obiettivi, possono dare segnali sull’andamento delle campagne di candidati e partiti, sull’adeguatezza dei messaggi e delle strutture multi-canale messe in campo, perfino sul cammino di preparazione svolto (o non svolto) da un leader o da un partito negli anni precedenti.
Questo sito è nato nel 2018 con un esperimento di un mese dedicato all’andamento della precedente campagna elettorale su Twitter. Il presente articolo non ha la stessa struttura: è una sorta di check-point a due settimane dall’apertura dei seggi. Verrà riassunto il monitoraggio di cinque parametri dai canali social di dieci leader delle principali coalizioni in campo, in riferimento alle piattaforme Facebook, Instagram, Twitter e TikTok, dal giorno di scioglimento delle Camere e indizione dei comizi (21 luglio 2022) a ieri, 9 settembre 2022.
Perché i leader e non i partiti? Perché la personalizzazione della politica è un fatto compiuto e non reversibile. I canali social media hanno accentuato l’assenza definitiva di filtro tra leader e popolo e, nel 2022, se si punta alla guida del Paese non è plausibile impostare alcuna strategia di comunicazione politica credibile senza pagine personali forti, strutturate, ingaggianti.
I leader monitorati sono stati i seguenti:
- Silvio Berlusconi (Forza Italia, centrodestra)
- Emma Bonino (+Europa, centrosinistra)
- Carlo Calenda (Azione, Terzo polo)
- Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle)
- Luigi De Magistris (Unione Popolare, Sinistra)
- Luigi Di Maio (Impegno Civico con Di Maio, centrosinistra)
- Enrico Letta (Partito Democratico, centrosinistra)
- Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia, centrodestra)
- Matteo Renzi (Italia Viva, Terzo polo)
- Matteo Salvini (Lega, centrodestra)
I parametri presi in considerazione sui singoli canali sono:
- Numero assoluto di follower
- Crescita assoluta della follower base
- Numero assoluto di Post
- Numero di post per giorno
- Totale assoluto di interazioni
I canali verranno analizzati separatamente, senza creare sovrapposizioni errate, perché ogni ambiente social ha la sua grammatica, il suo storico, il suo algoritmo.
Facebook e Instagram: le roccaforti dei leader populisti
“È morto”, “non ci va più nessuno”, “ci sono solo i vecchi”. Sarà, ma i dati raccontano un’altra cosa: accede abitualmente a Facebook il 53,3% degli utenti internet italiani (dato Censis). Facebook è ancora la pancia di questo Paese ed è di assoluta rilevanza proprio per chi fa comunicazione politica. È frequentato da persone che sono in piena età elettorale. È il social dove candidati e partiti hanno una presenza più solida e radicata. È forse il social che più si presta a discussioni di politica, presso gli account personali degli utenti come nei gruppi di partito o nelle pagine di settore. È, inoltre, parte di un’ecosistema di advertising che si poggia su due gambe: l’altra è infatti Instagram, la piattaforma più pop. E non è un caso che molte tenendeze delle due piattaforme si sovrappongano bene. Se siete tra coloro che ritengono di una qualche validità l’espressione “Paese reale”, le piattaforme Meta sono quelle che meglio lo rappresentano.
Va rilevato che per molti i leader in campo Facebook e Instagram sono piattaforme sature.
Veniamo da quattro anni e mezzo di uso “aggressivo” delle piattaforme social da parte dei politici italiani; una presenza connotata peraltro anche da un utilizzo ormai maturo di tutte le loro potenzialità comunicative, dall’advertising alle dirette. Per alcuni, non è più pensabile puntare a misurare il proprio successo o insuccesso in acquisizione di nuovi follower. Per altri, invece, avere una presenza più vasta, consolidata e performante avrebbe dovuto essere una priorità già da mesi, se non da anni.
È ad ogni modo indicativo che qualcuno che cresce c’è, e che è sempre lo stesso, in quasi tutte le piattaforme, e addirittura lo fa sempre grosso modo con la stessa quantità di follower aggiuntivi.
Salvini e Conte i leader più seguiti su Facebook
Di Maio perde follower, Meloni è l’unica a crescere.
Calenda usa Facebook quanto Salvini. Cioè tanto, troppo.
È di Conte la pagina Facebook più coinvolgente.
“Houston, abbiamo un problema”: Giorgia Meloni su Instagram ha un milione di follower; Enrico Letta, novantaduemila.
Meloni cresce anche su Instagram, mentre Conte e Di Maio perdono follower
Calenda usa Instagram quanto Salvini. Cioè tanto, troppo.
La pervasività e il flusso continuo di contenuti sono al centro della strategia social di Salvini e Calenda: l’idea tattica è che debbano inserirsi in pianta stabile, con contenuti coinvolgenti, negli algoritmi dei loro follower. Ma c’è da chiedersi se invece, così facendo, non creino negli algoritmi attuali un meccanismo di cannibalizzazione dei post che rischia di mettere sullo stesso piano cose di importanza diversa e far perdere ai propri follower dei messaggi prioritari.
Salvini e Meloni i leader in grado di generare più interazioni su Instagram.
Tuttavia, anche nel caso di Instagram, è ovvio che i numeri dei “segnali” di engagement ottenuti siano principalmente il risultato della capacità di esposizione del contenuto in algoritmo, e ad ottenere il più alto numero di interazioni sono Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
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Twitter, il fortino del Terzo Polo
Twitter è il meno frequentato dei social in esame, tuttavia il suo ruolo in una campagna elettorale non è marginale. È la piattaforma a più alta densità di giornalisti, commentatori e opinion leader dei media tradizionali. È la piattaforma maggiormente in grado di influire in tempo reale sull’agenda mediatica del Paese, facendo rimbalzare una dichiarazione dal web ad agenzie, tv e radio in pochissimi minuti. È, allo stesso tempo, anche il social che, analizzato alla stessa stregua di tuti gli altri, potrebbe dar luogo a risultati fuorvianti.
La inutile legacy di Renzi su Twitter
Presidio, coinvolgimento, sarcasmo: Twitter è il regno di Calenda
Ammazza che brutto. Ps Secondo me ti hanno già rubato i cerchioni. Io non sono stato.
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) September 9, 2022
I numeri gli danno ragione. Su questa piattaforma Calenda non teme rivali e naturalmente continua a crescere perché, al di là degli orientamenti politici, offre agli utenti una presenza caratterizzata da autenticità, a tratti quasi da estemporaneità, che spesso diventa una forma di intrattenimento. Calenda su Twitter è un battutista: guadagnati oltre 45mila follower dall’inizio della campagna elettorale, ovvero i numeri che Giorgia Meloni fa su tutte le piattaforme (e che, va detto, la leader di FDI fa anche qui, dove l’utenza è inferiore e dunque crescere nel 2022 è più complicato, per tutti). Interessante rilevare che Twitter è l’unico canale social in cui Enrico Letta è cresciuto sensibilmente dall’inizio della campagna elettorale: 29mila follower in più per il segretario del PD.

TikTok: l’ultimo capolavoro di Berlusconi, nella frontiera
In chiusura, la grande novità di questa campagna elettorale: TikTok. È un social completamente diverso dai precedenti, perché fondato esclusivamente su formati video brevi, coinvolgenti, replicabili da altri utenti, in grado di generare trend e flussi di contenuto. Questo non significa che TikTok debba essere considerata la piattaforma della superficialità: non è il social dei balletti, è una piattaforma su cui c’è tutto, dai libri all’informazione, ma per affrontare la complessità bisogna saperlo usare bene.
Alcuni leader presidiano questo canale da tempo, hanno costruito il proprio seguito progressivamente e hanno trovato col tempo un proprio stile.
Altri invece sono sbarcati da poco, in cerca di fortuna all’ultimo minuto. Prevedibile in fondo che ad emergere sia chi, per formazione personale, più di tutti gli altri ha dimestichezza con il formato televisivo e con la capacità di intrattenere lo spettatore.
Su tutti i ragionamenti resta, certo, l’incognita del peso effettivo di questo social, dove c’è un’ampia percentuale di under 18 e la politica italiana non è, in generale, un trend affermato di discussione così com’è invece, ad esempio, su Twitter.
Ma una cosa è certa sin da ora: a differenza di Facebook, Instagram e Twitter, TikTok non è una piattaforma satura: chi è in grado, può crescere. E se cresce, chissà, forse può anche provare a persuadere, convincere.
L’ultima sfida di Berlusconi: avere il primato di follower sul social dei giovani
Matteo Salvini è su TikTok dal 2019, Giorgia Meloni da febbraio di quest’anno, Giuseppe Conte da aprile, Carlo Calenda e Luigi Di Maio da agosto, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi da poco più di una settimana. Soltanto uno di loro sembra aver avuto un impatto realmente dirompente sulla piattaforma.
Non sappiamo naturalmente se e quanto questo risultato possa tradursi in voti.
Che significato può avere il successo di Berlusconi su TikTok? È la compassione degli adolescenti per l’anzianotto o è il riconoscimento del fatto che si è presentato per come è, senza voler sembrare giovane per forza?
Non siamo in grado di sapere se la capacità di intrattenimento possa avere un effetto politico e se questo possa verificarsi in misura visibile. Tuttavia una cosa Silvio Berlusconi l’ha già ottenuta: costruire un evento “social” rilevante, in grado di portarlo al centro dell’attenzione, in rete, a venti giorni dal voto.
Marco Borraccino